Il Consiglio dei Ministri ha adottato il 30 agosto scorso la Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) attraverso il Decreto Legislativo 125/2024, ora in attesa di pubblicazione in gazzetta ufficiale. Questo passo rende obbligatoria la rendicontazione sulla sostenibilità in Italia, imponendo nuove norme e standard di trasparenza alle imprese, con un impatto particolare su quelle quotate in borsa.
Indice:
Cosa introduce la Direttiva CSRD?
La Direttiva (UE) 2022/2464, meglio conosciuta come CSRD, porta con sé una serie di cambiamenti normativi progettati per migliorare la trasparenza e la responsabilità delle aziende riguardo alla sostenibilità. L’adozione di queste nuove disposizioni comporta modifiche sostanziali che ogni impresa dovrà considerare attentamente per adeguarsi alle nuove richieste legislative.
Obblighi per le aziende
Una delle principali novità riguarda le PMI quotate. A differenza della versione precedente, la soglia per il numero medio di dipendenti è stata stabilita tra 11 e 250 unità. Questo cambiamento amplia significativamente il numero di piccole e medie imprese soggette agli obblighi di rendicontazione, richiedendo loro un rapido adattamento agli standard di sostenibilità.
Ma vediamo nel dettagli quali sono le aziende soggette alla CSRD e a partire da quando.
Le disposizioni della Direttiva CSRD saranno applicate in modo graduale nel periodo dal 2024 al 2028. Le grandi imprese dovranno iniziare a conformarsi a partire dall’esercizio che inizia il 1° gennaio 2025, mentre le PMI quotate e altri soggetti avranno scadenze successive. Questo approccio graduale permette alle imprese di diverse dimensioni di adattarsi progressivamente ai nuovi requisiti, minimizzando così l’impatto immediato sui loro processi operativi.
Dal 1° gennaio 2024 alle imprese quotate in borsa, che superano almeno due dei seguenti limiti:
– totale attivo dello stato
– patrimoniale superiore a 25 milioni di euro
– ricavi netti superiori a 50 milioni di euro
– oltre 500 dipendenti.
Dal 1° gennaio 2025 alle imprese, anche non quotate, che superano almeno due dei seguenti limiti:
– totale attivo dello stato patrimoniale superiore a 25 milioni di euro
– ricavi netti superiori a 50 milioni di euro
– oltre 250 dipendenti.
Dal 1° gennaio 2026, alle PMI quotate che comprendono:
– quelle con fatturato superiore a 900mila euro
– attivo superiore a 450 mila euro
– oltre 50 dipendenti.
Dal 1° gennaio 2028, riguarderà anche le imprese di Paesi terzi (extra UE) che generano ricavi nel territorio dell’Unione superiori a 150 milioni di euro.
Regime sanzionatorio più morbido per la revisione
Il decreto introduce anche un nuovo regime sanzionatorio per le attività di revisione, risultando più flessibile rispetto alle normative precedenti. Le sanzioni amministrative per le società di revisione sono ora limitate a un massimo di 125.000 euro, mentre per i revisori della sostenibilità il tetto è fissato a 50.000 euro. Questo regime sarà in vigore per i due anni successivi all’entrata in vigore del decreto, permettendo alle aziende e ai revisori di adattarsi gradualmente.
Un altro aspetto rilevante del decreto è l’equiparazione del trattamento sanzionatorio tra aziende, membri degli organi amministrativi e di controllo, e revisori. Ciò implica una maggiore attenzione alla conformità delle procedure e alla veridicità delle informazioni riportate, con sanzioni distribuite equamente tra tutti i soggetti coinvolti. Questa misura è pensata per garantire una maggiore equità e trasparenza nel processo di revisione e rendicontazione.
Applicazione progressiva delle nuove norme
Le disposizioni della Direttiva CSRD saranno implementate gradualmente tra il 2024 e il 2028. Le grandi imprese dovranno iniziare a conformarsi a partire dall’esercizio che inizia il 1° gennaio 2025, mentre le PMI quotate e altri soggetti avranno scadenze successive. Questo approccio progressivo consente alle aziende di adattarsi ai nuovi requisiti con un impatto minimo sulle loro operazioni.
Cosa cambia per tutte le aziende in generale
L’introduzione di queste normative segna un passo cruciale verso una maggiore trasparenza e responsabilità nella rendicontazione della sostenibilità in Italia. Le imprese dovranno investire in sistemi di revisione e rendicontazione che rispettino le nuove direttive. La collaborazione con consulenti legali e revisori qualificati sarà fondamentale per garantire una conformità completa e tempestiva.
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