La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) (Direttiva n. 2022/2464 del 16 dicembre 2022) è stata recepita in Italia il 5 gennaio 2023 con l’obiettivo di rafforzare le norme relative alla rendicontazione sociale, ambientale e di governance (ESG) e di ampliare la platea delle aziende tenute a comunicare in modo trasparente il loro impatto sulla società e sul territorio. L’Italia, come gli altri Stati membri, ha ancora pochi mesi di tempo per recepirla nel proprio ordinamento.
Ecco di cosa si tratta, quali aziende sono coinvolte e da quando.
Indice:
Cos’è la Sustainability Reporting Directive
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è la direttiva europea che istituziona e formalizza un metodo univoco di misurazione e rendicontazione della sostenibilità aziendale.
Sempre più aziende, in modo graduale, dovranno adottare gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) per redigere il proprio bilancio di sostenibilità, a tutto vantaggio di clienti e stakeholder, che avranno finalmente un metodo preciso e puntuale per interpretare e quantificare il grado di sostenibilità delle aziende.
Cosa prevede la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive)
La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) sostituisce la precedente Non Financial Reporting Directive, recepita in Italia con il Decreto legislativo 30 dicembre 2016 n. 254, e prevede l’obbligo di rendicontazione di carattere non finanziario per gli Enti di Interesse Pubblico, le grandi imprese non quotate, le PMI quotate e le imprese e figlie succursali con capogruppo extra-UE.
Tale rendicontazione dovrà essere parte integrante della Relazione sulla Gestione, andrà effettuata in formato elettronico XHTML e dovrà contenere le specifiche su come l’attività dell’azienda impatti sulla società e sull’ambiente e come i fattori di sostenibilità influenzino lo sviluppo e le performance aziendali.
Più nello specifico, la CSRD prevede che nel report di sostenibilità aziendale siano presenti tutte le informazioni riguardanti:
- modello di business che indichi i piani dell’impresa che favoriscono la transizione ambientale, i rischi, la resilienza ai rischi e le opportunità aziendali connesse alle questioni di sostenibilità;
- obiettivi connessi alle questioni di sostenibilità e relativi progressi;
- ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo riguardo le tematiche ESG;
- attività immateriali, compreso il capitale intellettuale, umano, sociale e relazionale.
Quando entra in vigore la Direttiva CSRD
La Direttiva CSRD entrerà in vigore in modo graduale, così che le aziende abbiano il tempo di allinearsi alla nuova normativa e adeguarsi ai nuovi standars.
Nello specifico, dovranno rendicontare secondo gli standard della CSRD:
- dal 2025 (anno fiscale 2024), le imprese già soggette alla direttiva NFRD, ovvero imprese quotate, banche e assicurazioni che abbiano assunto in media durante l’anno di esercizio un numero superiore a 500 dipendenti e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti:
- 20 milioni di euro di patrimonio
- 40 milioni di euro di ricavi netti.
- Dal 2026 (anno fiscale 2025), le grandi imprese non quotate che, alla data di chiusura del bilancio (anche consolidato), abbiano superato almeno due dei seguenti limiti:
- personale superiore a 250 dipendenti
- 20 milioni di euro di patrimonio
- 40 milioni di euro di ricavi netti.
- Dal 2027 (anno fiscale 2026), le piccole e medie imprese quotate (escluse le microimprese), gli istituti di credito non complessi di piccole dimensioni e le imprese di assicurazioni dipendenti da un Gruppo.
- Dal 2029 (anno fiscale 2028), le imprese e figlie succursali con capogruppo extra-UE per le quali la capogruppo abbia generato in UE ricavi netti superiori a 150 milioni di euro per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi e almeno uno tra i due criteri:
- un’impresa figlia soddisfi i requisiti dimensionali della CSRD
- una succursale abbia generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.
Di recente, però, le istituzioni europee hanno proposto un ritardo di due anni, fino a giugno 2026, per l’adozione degli standard di rendicontazione ESG per i settori:
- petrolio e gas;
- estrazione mineraria;
- trasporti stradali;
- prodotti alimentari;
- automobili;
- agricoltura;
- produzione di energia e tessile.
Il posticipo dell’adozione degli standard ESG fino al 2026, con obblighi di rendicontazione a partire dal 2028, è stato richiesto anche per le imprese di paesi terzi. Si attende la negoziazione tra il Parlamento europeo e i governi dell’UE per definire la forma finale della legislazione.
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